Lusignano

Lusignano (o lüxignan in ligure) è una frazione del comune di Albenga in provincia di Savona, situata a circa 4 km dal centro abitato ingauno in un lembo di pianura stretto tra il fiume Centa e le propaggini delle ripide colline che delimitano la piana a meridione. I monti vengono chiamati ancora con termini dialettali, quali a rocca du pistulè o il monte piscia vin. Il toponimo deriva dai fundi rustici, come Antognano, Aregliano, Velirano, Verano, tutti di vaste proporzioni e che sfruttavano la fertile piana.

Il paese è attraversato da un torrente dal nome rio Carpaneto. L'abitato si sviluppa lungo la dorsale collinare con un impianto piuttosto articolato, probabile testimonianza di una origine più antica rispetto alle altre ville della piana.

Durante gli scavi per la costruzione di un nuovo complesso residenziale, nella regione di Rusineo, sono emerse delle rovine di una villa romana di notevoli dimensioni, che segnalano una presenza nella zona sicuramente di epoca romana. [cit. Wikipedia]

Storia



I primi insediamenti di cui sia certa l'epoca risalgono all'età Romana, con il ritrovo di una villa romana durante gli scavi per la realizzazione di un complesso condominiale avvenuto nei primi anni del XXI secolo.

La via principale che attraversa il borgo antico è di tracciatura romana, ai tempi le strade principali entravano direttamente nell'abitato, a differenza di quelle medievali la cui urbanistica prevedeva vie che tangevano le mura. 

La chiesa patronale è dedicata a Santa Margherita, la cui costruzione è anticedente al XIII secolo, al suo interno sono conservati un fonte battesimale e un presbiterio alto medievali. La locale confraternita di San Bartolomeo Apostolo e Martire vede la luce proprio nel XIII secolo come attestato dai libri degli iscritti. 

Un testo rimastoci dell'epoca medievale, esattamente redatto nel 1288, quando Albenga era un comune e una repubblica marinara, chiamato Gli statuti di Albenga, scritto in latino vede in più parti il riferimento al paese con la dicitura Luxignanum. 

Verso la metà del XIV secolo Lusignano, assieme a San Fedele, Villanova, Ligo, Marta e Bossoleto, sono sotto il controllo giudiziario del quartiere ingauno di San Siro, delle sue leggi e dei suoi magistrati. Com'era moda tra le famiglie nobili, si vede il sorgere di alcune ville fuori le mura di Albenga,  come la villa del Vescovo o il cosidetto Castello. 

Nel 1796 Napoleone da il via alla Campagna d'Italia, depredando molti luoghi sacri o comunità, tra questi anche quella di Lusignano. 

Nel 1797, sotto il governo della Repubblica Ligura, Lusignano e San Fedele formarono una municipalità a sè, fino all'annessione all'impero francese del 1804 quando finirono sotto la municipalità ingauna.

Il grande terremoto che nel 1887 distrusse diverse città del ponente ligure risparmiò Lusignano. Per diversi decenni il 23 febbraio, anniversario del terremoto, i lusignanesi scendevano in processione per ringraziare il Signore per averli risparmiati.   

Come tutta l'Italia, anche Lusignano diede il suo contributo per la vittoria nella prima Guerra Mondiale. Nella seconda, diversi partigiani trovarono rifugio nelle colline retrostanti. Un fatto tragico avvenne la mattina del 13 dicembre 1944.


La Villa del Vescovo

La villa di Lusignano per il vescovo venne lasciata in dono al seminario dal Vescovo Costa, venne rifatta da Mons. Fornari negli anni 1726-1727, con una spesa di 400 lire, ingradita del vescovo Giustiniani negli anni 1786-1789, vi morì mons. Vincenzo Dania il 9 settembre 1818; 
Durante la campagna d'Italia Napoleone si impossessa della villa
nel 1921 fu venduta dal vescovo Cambiaso che con il ricavato acquisto la cartiera di Verzi-Loano. Durante la seconda guerra mondiale ha funzionato per qualche periodo come seminario anche nel periodo invernale. 

Il vescovo del 1647, anziano passava molto tempo a trovare ristoro nella residenza di Lusignano. Proprio qui si spegne, donando ai suoi chierici la villa.

Durante la guerra di successione il seminario di Albenga veniva occupato dai 1200 soldati del Comissario Cittadino Emanuele Ricci. Il seminario venne trasferito per breve periodo nella villa di Lusignano.

Nel 1820 il nuovo vescovo di Albenga con la scusa della malsana aria (forse dovuta alla recente costruzione della fornace Perseghini, molto vicina alla villa) che si era venuta a creare a Lusignano, chiese ed ottenne dal governo di poter accedere ad un ampio e dismesso convento in Alassio dove aprì poi un altro convento, capace di ospitare tutti i chierici anche nei mesi autunnali.

Con l'Unità d'Italia la Chiesa si vede togliere molti dei sui beni, anche la villa di Lusignano passa dei problemi, il vescovo Siboni rischia di perderla, ma grazie all'aiuto nel 1867 dell'avvocato Giuseppe Leone Mantica riesce a salvarla.


Il 13 dicembre 1944

La mattina del 13 dicembre 1944, prima del sorgere del sole, l'esercito tedesco perlustrò tutte le case del paese, obbligando la popolazione tutta a radunarsi nella piazza della chiesa. Gli uomini furono separati dalle donne, ma entrambi i gruppi rimasero per diverse ore con i mitra puntati, urlando e minacciando di uccidere chi provava a spostarsi troppo. Iniziò anche a piovere. Grazie all'intervento del prete della parrocchia, Don Remoino, che convinse i militari fu permesso alle donne e ai bambini di entrare a ripararsi dentro la chiesa.

Tra i soldati tedeschi era presente anche l'italiano Luciano Luberti, meglio conosciuto con l'appellativo di Boia di Albenga, che assieme al comandante tedesco interrogavano la popolazione. 

Verso la fine della mattina venne permesso a donne e bambini di tornare nelle loro case, ma non agli uomini. Due di questi tentarono la fuga, uno venne inseguito per le vie del paese, catturato e fucilato sul posto. L'altro provò a scappare attraverso l'insediamento della Fornace Perseghini, ma trovandosi di fronte ad un muro troppo elevato venne raggiunto e arrestato. Poco dopo, condotto di fronte alla pesa che si trovava sulla strada provinciale e fucilato. Se quei due fossero partigiani non si sa con certezza, probabilmente li aiutarono dando la loro vita per salvare quella dei loro compagni. 

Probabilmente cercarono di scappare per avvisare gli altri partigiani. In quella mattina era previsto il trasferimento di alcuni fucili dai campi alle montagne. Il ritardo di  Tullio detto Volpe permise al compagno Manfro detto Cornacchia di essere avvisato e della presenza dei tedeschi in paese rinviando così l'operazione. Manfro tuttavia venne poco dopo arrestato e torturato dal boia Luberti.





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